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ALMA MATER STUDIORUM
UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

CENTRO
«GINA FASOLI»
PER LA STORIA
DELLE CITTA

ANALISI DELLE FONTI
FONTI ICONOGRAFICHE

a cura di Manuela Ghizzoni
Contesto e committenza

La pianta prospettica di Bologna del 1575: attendibilità della fonte. Contesto e committenza

Tra le fonti utilizzate per la realizzazione del progetto Nu.M.E. vi è anche la cartografia antica, che dal XVI secolo assume una grande importanza quando ci si dedica allo studio della città, perché mediante essa l’uomo rinascimentale rappresentò graficamente la visione del proprio ambiente urbano, con precisione via via maggiore. A questo tipo di fonti appartiene anche l'affresco di Bologna, realizzato in Vaticano nel 1575.

Problemi di metodo

Usare fonti iconografiche per ricostruire la città antica è un'operazione solo apparentemente facile. Poichè le riproduzioni urbane possono rilevarsi tanto affascinanti quanto insidiose. Infatti, le informazioni grafiche in esse descritte si offrono all'osservatore in una veste che pare utilizzabile senza bisogno di ulteriori approfondimenti; al contrario lo storico non può mai escludere l'eventualità di avere di fronte una rappresentazione mendace della realtà. Nella comunità scientifica è quindi diffuso un atteggiamento di cautela, se non proprio di diffidenza, verso le fonti iconografiche. Cautela che, al contrario, svanisce quando si lavora con fonti documentali quali estimi, catasti, atti notarili in genere. Di seguito saranno illustrati le metodologie applicate per superare questo senso di diffidenza e gli esiti dell'indagine condotta, al fine di implementare un modello tridimensionale di Bologna nel XVI secolo, con l'obiettivo di realizzare un oggetto degno di attenzione scientifica.

Le rappresentazioni di Bologna prima del 1575

Questa rappresentazione di Bologna, datata 1575, è il primo episodio giunto sino a noi dell'esperienza cartografica bolognese. Infatti, pur trovandosi a Roma, essa esce da un ambito bolognese, circa la committenza e, in parte, i realizzatori. Ma, prima dell'episodio vaticano, che raffigurazioni possono associarsi alla città felsinea?
Nel corso del Tre e del Quattrocento, tanto in pittura che in scultura, Bologna venne riassunta, compendiata in una formula molto semplice: un gruppo di edifici indistinti da cui emergono le due Torri - stilizzate ma riconoscibili - cinti dalle mura urbane. Si tratta di un modello molto diffuso in Italia, che trova una declinazione localistica nella devozione di san Petronio: è infatti sulla mano del santo protettore che poggia la città. Si tratta di una immagine assai ideologica, nella quale si materializza l'idea che i bolognesi avevano della propria città: un luogo densamente abitato, protetto dal santo e definito nel suo perimetro dalle mura. Immagini di grande interesse ma inutilizzabili per la ricostruzione della città storica, poiché nulla trapela circa l'organizzazione topografico-urbanistica.
Come ha efficacemente descritto Giovanni Ricci, occorre attendere il 1505 per vedere la città scendere dalle mani del santo protettore. Nella veduta del Francia, ripresa da San Michele in Bosco, la città si distende e lascia intravedere qualche elemento in più, come la torre del grande palazzo Bentivoglio: palazzo di cui non rimangono tracce perché verrà distrutto qualche anno più tardi. Per i contemporanei si trattava di una veduta dal vero, 'al naturale'. Il punto di visuale scelto dall'autore era infatti fisicamente raggiungibile - circa 130 m di altitudine - ma ancora basso per abbracciare con lo sguardo l'intera città. Questo vincolo fisico lo costrinse ad utilizzare dei correttivi che se da un lato permettono di far vedere quanto più possibile della compagine costruita, dall'altro alterano i rapporti spaziali e altimetrici degli oggetti rappresentati. Per questo motivo degli edifici più lontani, ad esempio, vennero aumentati gli sviluppi verticali, mentre altri furono ruotati per offrirli da una angolazione più nota. Queste forzature nulla tolgono al lavoro artistico del Francia, ma ci consentono di utilizzare la veduta solo per le sue caratteristiche di illustrazione e non come documento grafico che testimonia la complessità del tessuto urbano. A differenza di altre città italiane - Venezia, Firenze, Napoli - dovranno trascorrere ancora alcuni decenni perché un simile documento grafico venga realizzato. Occorre aspettare l'affresco vaticano del 1575.

Gli sviluppi del rilievo cartografico

L’affresco vaticano rappresenta il primo “ritratto” di Bologna, vale a dire quello specifico prodotto iconografico nel quale si combinano il rilievo geometrico della pianta e la visione prospettica nella costruzione degli alzati. Infatti, gli sviluppi del rilievo cartografico, soprattutto a partire dalla metà del '500, consentirono all'autore dell'affresco di realizzare non più una veduta ma una pianta a volo d'uccello elaborata in assonometria. Vale a dire di una pianta prospettica o scenografica che lega la precisione topografica alla descrizione degli alzati e che, soprattutto, può farci vedere l'intera città. Ma per ottenere questo risultato fu necessario scegliere un punto di osservazione non fisicamente raggiungibile, un punto posto a grande altezza nel settore nord-est del cielo. Solo il volo poteva permettere questa visuale: il volo che ai tempi era unicamente praticabile mediante le capacità cognitive. Ben prima dell'invenzione di veicoli per volare e delle riprese fotografiche, l'affresco vaticano sembra quasi offrirci una foto aerea di Bologna nel 1575. Vedremo in seguito quanto questa immagine aderiva alla realtà.

Il contesto politico-istituzionale

La veduta vaticana, datata 1575, è anche la più vicina cronologicamente passaggi istituzionali molto significativi della storia di Bologna: la signoria di Giovanni II Bentivoglio (seconda metà del '400) e i primi decenni di governo pontificio. Nel 1506 infatti Bologna e il suo territorio andarono a costituire una porzione importante dello Stato dello Chiesa, sul quale il papa esercitava il proprio potere temporale. La pianta pertanto testimonia i risultati urbanistici di questi diversi governi. In essa possono essere rintracciati gli interventi dei Bentivoglio, soprattutto quelli voluti da Giovanni II nello scorcio del secolo XV. Si tratta di interventi nel segno dell'estetica urbana rinascimentale, che non modificarono l'assetto generale, ma furono diffusi e numerosi. Furono attuati per migliorare l'immagine della città, per raggiungere un più elevato decoro urbano, e per realizzare in termini di visuali prospettiche quanto veniva enunciato dall'elaborazione degli architetti umanisti (per citare solo due esempi: il portico di San Giacomo, l'apertura di via Imperiale). Allo stesso modo nella pianta possono essere rintracciati gli incisivi interventi attuati sotto papa Pio IV (1559-1564), per mano del suo vicelegato Pier Donato Cesi, nella parte centrale della città, tra piazza del Nettuno, piazza Maggiore, S. Petronio, l'Archiginnasio e piazza Galvani. Risulta del tutto evidente l'interesse che suscita un documento grafico di questo tipo per coloro che si occupano di storia della città.

Il committente

Nel 1572, con il nome di Gregorio XIII, salì al soglio pontificio il bolognese Ugo Boncompagni. Prima di intraprendere la carriera ecclesiastica era stato docente di giurisprudenza presso lo Studio della città. Questa formazione giuridica influenzò fortemente la promulgazione, nel 1574, delle Costitutiones de Aedificis, corpus di norme urbanistiche fondamentali per le iniziative successive a carattere edilizio e urbanistico a Roma, compreso il celebre programma di Sisto V. L'attenzione del pontefice era soprattutto rivolta al decoro urbano, da conseguire mediante l'ampliamento delle strade, l'eliminazione di sporti o superfetazioni, l'apertura di piazze, la soppressione dei vicoli, la ristrutturazione degli edifici. Una volontà urbanistica ed edilizia pensata per la città di Roma; ma che è facile immaginare abbia avuto qualche riflesso anche nella realizzazione della veduta di Bologna.
Il pontificato di Gregorio XIII presenta aspetti di grande interesse, ben noti, fra cui la riforma del calendario (1582), che porta il suo nome, e tra, gli interventi nei Palazzi Vaticani, la realizzazione della Galleria delle Carte geografiche: una complessa decorazione a carattere geografico, finalizzata ad ampliare l'influenza della Chiesa in prospettiva ideologica.
Certo il tema prescelto non costituiva un elemento innovativo: dalla fine del secolo XV era vivace l'interesse per le rappresentazioni geografiche, da realizzare soprattutto negli ambienti di rappresentanza o nelle sale dove principi e signori esercitavano le funzioni di governo, perché interpretate come "espressione del potere".
Ma l'originalità del progetto iconografico della Gallria vaticana sta nella scelta del soggetto, vale a dire le regioni dell'Italia intera riportante in 40 tavole corografiche di grandi dimensioni.
Tra queste quella che ritrae la Bononiensis Ditio (giurisdizione di Bologna) è tra le migliori dall'intera Galleria, soprattutto per la precisione topografica.
Nell'angolo inferiore sinistro della tavola è riportata, inoltre, una pianta della città, vista da una originale visuale che è contemporaneamente zenitale e prospettica. Il grande valore dell'affresco si deve certo alla perizia topografica dell'autore della Galleria, Egnazio Danti, il più accreditato geografo del tempo. Tra il 1578 e il 1580 il Danti era stato anche impegnato in diversi incarichi di rilevamento e misurazione proprio del territorio bolognese, sia per realizzarne una topografia generale, sia per dirimere questioni di confini.
Il suo compito fu agevolato dall'esistenza di due figurazioni che Gregorio XIII aveva fatto eseguire proprio nei palazzi vaticani qualche anno addietro. In occasione del Giubileo del 1575, egli infatti aveva ordinato di decorare una sala dei suoi appartamenti privati con una veduta della propria città natale ed un'orografia del relativo territorio.






Città del Vaticano, Palazzi Vaticani, Appartamenti privati del Papa, Sala Bologna, Pianta prospettica della città, 1575


Iacopo del Roseto, Reliquiario del capo di San Petronio, 1380, Bologna, Museo di Santo Stefano, particolare del Santo protettore che reca in mano il modellino della città


Francesco Francia, Madonna del terremoto, 1505, Bologna, Palazzo comunale


La foto aerea è stata ripresa approssimativamente dal punto di visuale utilizzato dall'autore dell'affresco (qui sotto)


E. Danti, Veduta di Bologna, "Bononiensis dictio", particolare, Città del Vaticano, Palazzi Apostolici, Galleria delle Carte Geografiche



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