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ALMA MATER STUDIORUM
UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

CENTRO
«GINA FASOLI»
PER LA STORIA
DELLE CITTA

MODELLAZIONE

a cura di Fernando Lugli
Fase 2

Nota tecnica per la ricostruzione del modello 3D di Piazza di Porta Ravegnana

FASE 2:

La ricostruzione degli edifici
La seconda fase della ricerca, che si è posta l'obiettivo della ricostruzione grafica degli edifici, ha quindi dovuto attingere ad altre fonti e proporre, come risultato, modelli probabili del "paesaggio" di Porta Ravegnana, dell'ambiente urbano come appariva agli abitanti medievali.
Il Liber Terminorum non è completamente privo di informazioni sulla struttura degli edifici in quanto, almeno, annota la presenza di portici, di colonne e pilastri, di spigoli, di muretti, solai e cornicioni, seppure in modo non sistematico. Inoltre, dato importantissimo, precisa in molte circostante quanto è largo il fronte stradale degli edifici per i quali è ammesso un certo sporto, dunque ci consente di valutarne la posizione rispetto ai fronti stradali attuali (o meglio del catasto gregoriano).
Per completare questa serie di informazioni è stato però necessario ricorrere ad alcune valutazioni riguardo alle tecnologie costruttive duecentesche bolognesi e alle più generali regole dell'arte del costruire.

I portici
Sappiamo che la maggior parte dei portici era realizzata con pilastri di legno (columpnae) di sezione rettangolare o quadrata poggianti su lastre di pietra (arenaria o selenite) e muretti di mattoni (o pilastri di muratura) alti da terra non più di un metro.
I pilastri di legno reggevano travi che avevano ordinariamente una luce compresa fra i 3 e i quattro metri. Data la sezione consueta delle travi (cm 25 x 30) la rigidezza alla flessione poteva raggiungere il valore di circa 50.000 cm4 , che ammetteva un momento flettente massimo di circa 2200 Kgm, corrispondente ad un carico uniformemente distribuito di 2 t/m per travi con luce di 3 metri e di 1,1 t/m per luci di 4 metri (nota 1).
Poiché la larghezza massima dei portici è stata rilevata attorno ai 4 metri, mentre gli sporti, ordinariamente, sono contenuti entro i due metri, si può ipotizzare che sulle travi dei portici gravasse un'area massima di circa 6 metri di larghezza per ogni metro di lunghezza. In questa situazione, il carico unitario (per metro quadrato di struttura dell'edificio) sostenibile si attesterebbe attorno a 350 Kg/mq per travi lunghe 3 metri e circa 200 Kg/mq per travi lunghe 4 metri.

Il primo dato corrisponde al peso di un intero piano di edificio (nota 2) e dei sovraccarichi di esercizio, mentre il secondo corrisponde all'incirca al peso di un tetto ligneo caricato di neve; non si tratta quindi di pesi eccessivamente elevati.

Se calcoliamo la capacità di resistenza dei pilastri lignei, ipotizzando una sezione di circa 800 cmq e un'altezza di 6-7 metri, che è di circa 24 tonnellate, ci accorgiamo che la capacità resistente dei pilastri è superiore di circa 4-6 volte a quella delle travi.

Dunque nella tipologia "originaria" dei portico ligneo è già insita la possibilità di incrementare l'edificio in altezza, salvo aumentare la capacità di resistenza delle travi, che si è ottenuta introducendo delle saette trasversali che riducono la luce libera di inflessione delle travi stesse.

Le saette, nel caso di una trave di 4 metri di luce, moltiplicano per quattro la capacità di carico e rendono la struttura orizzontale delle travi staticamente omogenea con le caratteristiche resistenti dei pilastri. Questo aumento consente la trasformazione del portico: da semplice copertura lignea (1,1 t/m) a spazio pubblico sovrastato da un edificio di uno o due piani, che è la situazione consueta nei fabbricati ancora oggi esistenti (nota 3).
Può sembrare poco coerente che nel '200 si realizzassero strutture poco omogenee dal punto di vista strutturale, che cioè si "sprecasse" materiale per realizzare pilastri molto resistenti a fronte di travi con minore capacità di carico. Va però ricordato che, a differenza delle costruzioni moderne nelle quali il dimensionamento di componenti strutturali viene eseguito cercando la massima efficienza in base ai carichi attesi, nel medioevo il dimensionamento dei componenti dipendeva piuttosto dalle caratteristiche della fonte: albero o roccia che fosse.
Vigeva cioè il "principio" che il componente (ad esempio la trave lignea) aveva dimensioni derivanti dalle caratteristiche dell'albero (altezza, diametro, presenza di nodi, ecc.) ed anche il rapporto lunghezza/sezione dipendeva da queste condizioni. I componenti medievali dunque erano prodotti in modo da evitare consumo di materiale, indipendentemente dalle caratteristiche di impiego. Ciò produceva come effetto la più ampia possibilità di reimpieghi dei componenti, una volta cessata l'utilità iniziale e una grande attenzione, nella posa in opera, di adattare l'edificio al componente e non viceversa.
Ne consegue che non troviamo, travi lignee particolarmente snelle o tozze ma tutte rispondono a canoni e proporzioni piuttosto stabili. Un pilastro di legno alto sei metri, ha una sezione indicativa di circa 800 cmq a prescindere dal carico che deve sopportare, sia esso di un semplice cornicione oppure di un intero edificio. Il problema dell'eventuale sovraccarico non sostenibile veniva risolto attraverso il raddoppio del pilastro o la riduzione dell'interasse fra gli stessi.
In queste condizioni è ipotizzabile che i portici siano nati come elementi di "prolungamento" del tetto, già sufficientemente alti da permettere un agevole transito sottostante e quindi caratterizzati da pilastri di una certa sezione, perché di una determinata lunghezza, e che si siano via via evoluti per sfruttare la capacità di carico già esistente nei componenti, così da sostenere nuovi locali e sopraelevazioni di fabbricati, per aumentare la capacità ricettiva delle abitazioni.
Potendo quindi disporre di informazioni riguardanti l'interasse si potrebbero trarre conclusioni attendibili sulla struttura dell'edificio, in altezza, ma questo tipo di informazioni non è generalmente presente nel Liber Terminorum perché le informazioni contenute riguardano esclusivamente lo spazio immediatamente circostante i picchetti, le cui distanza reciproche sono di molto superiori alle distanza normalmente esistenti fra i pilastri dei portici.
Tuttavia, i pilastri lignei disegnati, tengono conto di queste considerazioni ed hanno sezioni e altezze proporzionate secondo i requisiti indicati.
Questa interpretazione non è del tutto priva di riscontri documentari.
Le botteghe dell'ospedale della Vita, nel '500, hanno un portico che sostiene solamente un tetto ed il portico è completamente privo di saette diagonali mentre gli edifici medievali ancora esistenti a Bologna (o in paesi vicini costruiti con analoga tecnologia), quando sovrastano il portico, sono sempre sorretti da travi lignee con saette.
Si tratta ovviamente di una schematizzazione. La presenza delle saette (o puntelli) può dipendere da molte altre ragioni: il degrado del materiale che ha indotto a rinforzare il trave originario, il reimpiego di travi che avevano l'incasso per alloggiare la saetta e che sono stati, per questo motivo, utilizzati in questo modo, il bisogno di ridurre l'elasticità della trave per motivi particolari (la presenza di un camino o di qualche altro carico straordinario, ecc.).
C'è infine un altro elemento non trascurabile: la presenza della saetta garantisce rigidità longitudinale al portico, cioè impedisce che le colonne si ribaltino ruotando nel senso della lunghezza del portico, dato che esse sono semplicemente appoggiate sulla pietra del murello. Questa caratteristica strutturale non deve necessariamente essere verificata per ogni edificio, chè se uno solo di quelli che compongono la schiera porticata è realizzato così, esso fa da contrasto al ribaltamento di tutti gli altri. Tuttavia è evidente che, poiché gli edifici sono sottoposti singolarmente ad operazioni di demolizione / ricostruzione / rinnovo, è meglio se la resistenza alla instabilità trasversale viene garantita da più edifici del portico e non da uno soltanto, meglio ancora se da tutti.
L'importanza di questa azione viene meno quando si passa dal pilastro di legno a quello in muratura, notoriamente più rigido al ribaltamento a causa del peso molto maggiore.
L'inserimento dei pilastri in muratura consente di rinforzare la trave (anche aggiungendone una sottostante quella originale) producendo una nuova tipologia di portico, più tozza e massiccia ma sgombra da elementi diagonali.
In numerosi casi, il passaggio da struttura lignea a struttura in muratura porta anche alla eliminazione delle travi, sostituite da archi, ma questo è un argomento diverso, rispetto alla ricostruzione della Bologna duecentesca, perché non c'è notizia, nel Liber Terminorum di portici "in voltis".

Gli sporti degli edifici («in balchionis»)
Non tutti gli elementi aggettanti determinavano la realizzazione del portico sottostante. Nel Liber Terminorum ci sono numerose citazioni di edifici ai quali era permesso di aggettare sullo spazio pubblico senza avere il portico. Anzi, nei casi in cui la pubblica via era particolarmente angusta, poteva essere ammesso lo sporto ma non il portico. In quella che oggi si chiama via dei Giudei si è verificato anzi un'operazione opposta: i periti agrimensori obbligano alla rimozione del portico e alla sostituzione con uno sporto, garantendo che l'aggetto dell'edificio sovrastante mantenesse le dimensioni che aveva, col portico.
Le parti aggettanti appoggiavano al muro di facciata oppure, nel caso di edifici porticati, direttamente sulle travi e sui pilastri del portico.
La realizzazione degli aggetti avveniva utilizzando, principalmente, due tecnologie: nei casi minori si prolungavano, semplicemente, i travi del solaio verso l'esterno, per la lunghezza necessaria. Essi potevano essere eventualmente rinforzati raddoppiando il travetto, nella parte aggettante, così da costituire una mensola più massiccia.
Sezioni di cm. 15 x 15 (consuete per i solai) ad interasse 50 cm. hanno un modulo di resistenza di circa 550 cm3 che permette di sostenere un muro, dell'altezza di un piano abitabile, che sporge cm. 30 e il soprastante tetto.
Se si raddoppia il travetto e se le due parti vengono agganciate in modo solidale si possono raggiungere sporti dell'ordine di 120 cm.
Per aggetti di maggiore entità, la tecnologia deve essere modificata, anche per la difficoltà di incastrare i travetti al muro ed impedire la rotazione verso il basso (che comporterebbe uno strapiombo del muro verso la strada.
In questi casi si preferisce aggiungere una saetta inclinata, che formi col travetto un telaio triangolare.
Si forma così un nuovo sistema statico dove i travi non sono più sollecitati a flessione ma a compressione/trazione, con rilevanti benefici riguardo alla capacità portante.
Infatti un trave di cm. 15 x15, se sollecitato a compressione, può portare un carico di 11 tonnellate. In questa tipologia statica, la capacità portante è determinata dall'angolo con cui sono posate le saette. A 30 gradi di inclinazione, rispetto alla verticale, la portata utile è di circa 9,7 tonnellate, a 45 gradi essa si riduce a 8.
Ovviamente, le saette hanno un ingombro che può ostruire il passaggio sottostante, radente al muro dell'edificio da cui si stacca l'aggetto. Per questo motivo, le saette possono essere impiegate solo nel caso di aggetti sufficientemente alti da terra.
Con un angolo di 30 gradi infatti la saetta ha un'altezza che è circa 1,8 volte l'aggetto. Per aggetti di due metri è quindi necessario uno spazio di 3,6 metri in altezza, oltre allo spazio da lasciare libero per il passaggio, in strada. Se questo è di circa 3 metri, un aggetto di due metri, con saette, può soltanto realizzarsi per solai a oltre sei metri di altezza, rispetto alla strada.
Con un angolo di 45 gradi un aggetto di due metri deve essere ad almeno 5 metri da terra.

fig. 4 Edifici ad ovest delle due torri, dove ora sorge il palazzo degli Strazzaroli. L'aggetto dell'edificio raggiunge tre metri circa.

Gli sporti dei tetti
I tetti in coppi su struttura lignea sono molto leggeri. Struttura lignea e copertura determinano un peso complessivo di circa 100 Kg/mq. Travetti di 15 x 15 cm. posto ad interasse di 50 cm. potrebbero agevolmente sostenere uno sporto di circa 3 metri. C'è però l'incognita della neve, che anche nel medioevo (e forse più di ora) cadeva su Bologna.
Oggi, convenzionalmente, si ipotizza per la neve un carico uniforme di circa 90 Kg/mq.
Applicando questo parametro, il massimo aggetto che si può realizzare con travetti di 15 x 15 cm è di 2,4 metri.
Se i travetti hanno sezione 12 x 12 e interasse 40 cm. lo sporto massimo sarà di 1,80.
Per sporti di maggiore entità occorre rinforzare il tetto con saette ed altri elementi strutturali.
Sulla base delle dimensioni di aggetto riscontrate sul Liber Terminorum sono state dedotte le forme strutturali più plausibili, che sono state attribuite alle varie parti del modello.







nota 1
La luce di una trave è la distanza che intercorre fra gli appoggi. La resistenza è determinata esclusivamente dalle dimensioni della sezione (altezza e larghezza) mentre il carico massimo dipende anche dalla lunghezza.



fig. 1
Il telaio costituito da travi e pilastri regge l'intera parte di edificio che sporge rispetto al muro del portico. Sulla trave grano i travetti che coprono il portico e reggono gli sporti. La loro lunghezza massima è stata riscontrata in sei metri circa. Su ogni pilastro grava un carico che è proporzionato alla lunghezza dei travetti e alla lunghezza delle travi, cioè alla distanza fra un pilastro e il successivo. Sulla base delle caratteristiche fisiche di travi e pilastri sono stati calcolati i massimi carichi sostenibili.

nota 2
Si intende il peso delle strutture lignee del solaio e del pavimento, il muro esterno, i muri che separano le stanze, i sovraccarichi delle persone che abitano l'edificio e degli arredi.



fig. 2 (qui sopra e sotto) Ordinariamente, i pilastri hanno dimensioni capaci di reggere carichi elevati, ben superiori al peso di un tetto che copre il portico. Essi sono quindi predisposti per consentire la sopraelevazione degli edifici e gli aggetti.



nota 3
I calcoli indicati sono esemplificativi e si riferiscono ad una situazione limite, dove il portico è molto ampio e la struttura soprastante sporge in modo rilevante. È ovvio che in situazioni più contenute, possono verificarsi casi di edifici costruiti su portici che hanno pilastri lignei ma non saette, così come possono verificarsi casi di strutture leggere che tuttavia sono composte in modo tale da poter reggere anche carichi molto più rilevanti, senza che questo sia mai avvenuto



fig. 3
Il modello geometrico dedotto dalle misure del Liber Terminorum.



fig. 4
Il risultato finale




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